Si può essere titolari di redditi prodotti in Italia pur essendo residente fiscale all’estero?

Pubblicato il 20 gennaio 2025 alle ore 16:33

Autore: STUDIO CH ERNESTO (brand di C&C Unlimited Services Group Sh.p.k.) di Ernesto Cherici.

Questo articolo trova spunto dalla seguente chat apparsa sul gruppo Facebook “Italiani in Albania”:

 

Domanda: “Ciao a tutti. Qualcuno può dirmi quanto tempo occorre per avere la residenza in Albania? Grazie.

 

Risposta: “decorrono dal giorno del rilascio del permesso di soggiorno solo dopo essersi iscritti AIRE, in caso contrario per la legge italiana si rimane residenti in Italia, al massimo ti cancellano per irreperibilità ma resti sempre in Italia dal punto di vista fiscale. Riguardo la residenza fiscale la legge prevede inoltre che non si debba più avere nessuna forma di reddito dall'Italia.”.

 

L’affermazione che “la legge prevede inoltre che non si debba più avere nessuna forma di reddito dall'Italia” necessita del presente intervento chiarificatore.

 

Prima di proseguire specifichiamo quanto segue:

 

  1. il Testo Unico delle Imposte sui Redditi (di seguito TUIR) prevede sei categorie di reddito (art. 6):
  1. per essere considerati residenti all’estero oppure, vedendo la questione dall’altra faccia della medaglia, per non essere considerati residenti fiscali in Italia, è necessario iscriversi all’Aire, essere stati cancellati dall’Anagrafe della Popolazione Residente (APR) e non avere il domicilio (interessi personali e/o lavorativi) oppure la dimora (il luogo in cui sostanzialmente si dorme) nel Bel Paese per più di 183 giorni (184 nel caso di anno bisestile) nel corso dell’anno che è intesto l’arco temporale dal 1° gennaio al 31 dicembre.

 

Fatte queste dovute premesse, torniamo al nocciolo della questione: NON esiste alcuna normativa in Italia che vieta a coloro che si sono trasferiti all’estero di avere fonti di reddito nel Bel Paese.

 

Pur essendo legalmente residenti oltre frontiera l’esistenza di redditi in Italia può, a seconda dei casi, dar luogo a richieste di chiarimenti da parte dell’Amministrazione Finanziaria (Agenzia delle Entrate/Guardia di Finanza) tramite invio di questionario oppure invito a comparire presso i relativi uffici, ma ciò non significa che non si possa essere titolari di redditi provenienti dall’Italia, e l’eventuale richiesta di informazioni dipende ovviamente dalla tipologia di reddito che ivi si produce.

Infatti, se un espatriato ha un immobile in Italia e lo mette a reddito, ad esempio, tramite locazione a terzi regolarmente registrato, in tale Paese pagherà le relative tasse (l’Italia fungerà da Stato della fonte) e ciò non darà luogo a presunzioni di non effettiva residenza all’estero. Se il soggetto, invece, decide di non affittarlo dovrà essere in grado di dimostrare che non vi abiti materialmente almeno per non più di 183 giorni, 184 in caso di anno bisestile. Ovviamente se l’espatriato è un lavoratore dipendente in Italia dove DEVE ESSERE FISICAMENTE PRESENTE sul territorio per svolgere la propria attività lavorativa, è pleonastico che la sua residenza all’estero è falsa e quindi anche i redditi prodotti all’estero saranno attratti in Italia secondo il principio di tassazione mondiale (World Wide Principle).

Inoltre, gli espatriati possono essere titolari di uno o più conti correnti in Italia.

 

Le casistiche sono molteplici.

 

L’Agenzia delle Entrate in merito al trasferimento della residenza all’estero ha emesso negli anni diverse circolari, ma le più significative sono la n. 304/E del 2 dicembre 1997 e la n. 140/E del 24 giugno 1999, tuttora attuali anche se sono intervenute modifiche in materia di residenza fiscale dal 1° gennaio 2024.

 

La circolare n. 304/1997 era volta a fornire le Linee guida per il contrasto del fenomeno di trasferimento fittizio della residenza all’estero. In questa circostanza l’Amministrazione ha ribadito l’irrilevanza della sola iscrizione all’Aire e la necessità per gli organi preposti all’accertamento, al fine di individuare l’effettiva residenza fiscale del soggetto iscritto all’Aire, di valutare l’eventuale mantenimento in Italia della dimora abituale e del centro degli affari e degli interessi, con riferimento sia a elementi patrimoniali che ai legami affettivi.

 

La circolare 140/1999, invece, venne emanata a seguito dell’introduzione nel nostro ordinamento della presunzione relativa di residenza in Italia per soggetti iscritti all’Aire ed emigrati nei cosiddetti “paradisi fiscali”. In tale alveo il Ministero ha anche elencato una serie di elementi che, a titolo esemplificativo, possono costituire prova della residenza all’estero dell’individuo:


- la sussistenza della dimora abituale nel Paese fiscalmente privilegiato, sia personale che dell’eventuale nucleo familiare;

- l’iscrizione ed effettiva frequenza dei figli presso istituti scolastici o di formazione nel Paese estero;

- lo svolgimento di un rapporto lavorativo a carattere continuativo stipulato nello stesso Paese estero, ovvero l'esercizio di una qualunque attività economica con carattere di stabilità;

- la stipula di contratti di acquisto o di locazione di immobili residenziali, adeguati ai bisogni abitativi nel Paese di immigrazione;

- le fatture e le ricevute di erogazione di gas, luce, telefono e di altri canoni tariffari, pagati nel Paese estero;

- la movimentazione a qualsiasi titolo di somme di denaro o di altre attività finanziarie nel Paese estero e da e per l'Italia;

- l'eventuale iscrizione nelle liste elettorali del Paese d'immigrazione;

- l'assenza di unità immobiliari tenute a disposizione in Italia o di atti di donazione, compravendita, costituzione di società, ecc.;

- la mancanza nel nostro Paese di significativi e duraturi rapporti di carattere economico, familiare, politico, sociale, culturale e ricreativo.

 

Si tratta di due atti subordinati alle fonti super primarie (Costituzione e leggi costituzionali) e alle fonti primarie (leggi, decreti-legge, decreti legislativi) che hanno il precipuo scopo di fornire agli operatori le linee guida per i controlli fiscali.

 

Se fosse vero ciò che è stato affermato nella risposta fornita nel gruppo “Italiani in Albania” sarebbero violati i Trattati della UE sulla libera circolazione delle persone e dei capitali.

 

È opportuno, quindi, quando si risponde ai quesiti posti nei vari Gruppi fornire informazioni il più aderenti alla realtà per non infondere paure immotivate nei lettori.

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