Anfiteatro romano di Durazzo.

Pubblicato il 16 ottobre 2024 alle ore 15:15

Autore: Valeria Campagnale (amministratrice della C&C Unlimited Services Group Sh.p.k.).

L'Anfiteatro romano di Durazzo (Amfiteatri i Durrësit).

L’Anfiteatro romano di Durazzo (Amfiteatri i Durrësit) si trova nel centro storico della città a ridosso delle mura bizantine e a 351 metri dal mare. È realizzato in parte su un’area piana ed in parte sulle pendici meridionali della collina Spitalla.

 

Di forma ellittica, costruito tra la fine del I e l'inizio del II secolo sotto il regno dell’Imperatore Traiano, ha un diametro di 136 metri, un’altezza di circa 20 metri, una lunghezza di circa 119 metri ed una larghezza di circa 97 metri. Le scalinate destinate agli spettatori, rivestite di piastrelle bianche, avevano una capacità di circa 20.000 persone e la sua architettura è paragonabile ai monumenti della stessa epoca a Pompei.

 

Il sito è stato scoperto nel 1966, dichiarato monumento culturale nel 1973 ed è stato inserito dal 1996 nella lista dei candidati per essere incluso tra i Patrimoni dell’umanità UNESCO in Albania.

 

L’Anfiteatro, grazie alla sua conservazione è sopravvissuto per oltre 1.800 anni ed è uno dei 30 anfiteatri del mondo antico che sono stati scoperti finora. Gli scavi e le ricerche principali furono eseguiti tra il 1967 ed il 1970, sotto la direzione del collaboratore scientifico Vangjel Toçi, ed hanno richiesto la cooperazione dell’Università di Parma per completarne sia la scoperta che gli studi.

 

Sono state rinvenute alcune monete che testimoniano che l'edificio fosse già in uso sotto gli Imperatori Adriano ed Antonino Pio e che vi rimase fino al IV secolo, venendo abbandonato con la messa al bando dei giochi gladiatori nell’Impero.


 

Si suppone che durante il periodo bizantino l’Anfiteatro potesse essere stato utilizzato come punto strategico-difensivo considerato il posizionamento accanto alle mura della città realizzate tra la fine del V e l'inizio del VI secolo, mentre le sue gallerie, trasformate in necropoli e probabilmente anche in abitazioni, sono la testimonianza che questi sepolcreti sono i resti di tre cappelle cristiane realizzate tra il VI e il XIV secolo.

 

Ancora oggi si può ammirare il mosaico nella Cappella di S. Asteio, scoperta nel 1966 che occupa due camere della prima galleria. Si ipotizza che sia stato luogo di culto cristiano costruito in memoria dei martiri cristiani Santo Stefano e, forse, anche di Astion vescovo di Durrës.

Mosaico della Cappella di S. Asteio.

Il mosaico rappresentata una figura con un ricco mantello e una corona che tiene tra le mani una croce ed un globo, simboli di potere e nobiltà, affiancata da due angeli con lance. Alla sinistra di questa figura è rappresentato Santo Stefano, mentre ai suoi piedi vi sono un uomo e una donna inginocchiati.

La scritta in lingua greca è una sorta di invocazione alla protezione e recita: “Signore, aiuta il tuo servo Alessandro.”.

Al momento della scoperta, per questa dicitura e la figura imperiale, il mosaico è stato interpretato come l’Imperatore bizantino Alessandro (inizi del X sec.), datando il mosaico al X secolo d.C. .

 

Ciononostante, numerosi studiosi che si sono occupati di questo ritrovamento, suppongono che l’immagine incoronata rappresenti la Madonna, quindi come Regina e che gli angeli rappresentino Pace e Sapienza, conseguentemente, non provenga da Costantinopoli ma dalla Città Eterna, in contemporanea alla rappresentazione di Maria Regina nella chiesa di S. Maria Antiqua a Roma.

 

Un’interpretazione che non si basa esclusivamente sulla somiglianza dello stile e della rappresentazione, ma anche sul fatto che fino all’VIII sec. Dyrrachion dipendeva religiosamente dalla Chiesa di Roma, anche se politicamente legata a Bisanzio.
Quindi, facendo riferimento a quest’ultima teoria, i mosaici possono essere datati nella prima metà del VII secolo (600 d.C.)  

L’abside della Cappella di S. Asteio è illuminata da una finestra bifora mentre, per la coesistenza di affreschi e mosaici fa ipotizzare che nella prima fase il monumento fu coperto di pitture, mentre nella seconda, sostituite da mosaici.

Abside della Cappella di S. Asteio è illuminata da una finestra bifora.

L’Anfiteatro, essendo stato citato dallo scrittore, religioso ed umanista albanese, Marino Barlezio (Marin Barleti) nella sua “Historia de vita et gestis Scanderbegi Epirutarvm Principis”, si suppone fosse ancora visibile nel 1508, ma successivamente ricoperto di terra a partire al XVI secolo, quando lo scrittore ottomano Evliya Çelebi raggiunse Durazzo nel 1670 e non ne fece alcuna menzione.

 

Avendo menzionato sia Marino Barlezio, sia Evliya Çelebi è giusto sapere chi furono queste due importanti figure storiche.

Marino Barlezio (Marin Barleti).

Raffigurazione di Marino Barlezio (Marin Barleti).

Nacque a Scutari nel 1410, all’epoca parte della Repubblica di Venezia. È stato il primo storico albanese, in special modo per l’opera in lingua latina “De obsidione Scodrensi”, pubblicata a Venezia nel 1504, come testimonianza dell'assedio di Scutari del 1478, condotto da Maometto II e che segnò il passaggio della città all'Impero Ottomano.

Dopo la caduta di Scutari, Barlezio si trasferì a prima a Venezia e conseguentemente a Roma. Fu autore della “Historia de vita et gestis Scanderbegi Epirutarvm Principis”, tra il 1508 e il 1510, biografia dalla forma di poema epico-lirico di Gjergj Kastrioti Skënderbeu (Scanderbeg), il grande condottiero e patriota albanese.

Morì a Roma nel 1513.


L'opera "De obsidione Scodrensi".

Opera “Historia de vita et gestis Scanderbegi Epirutarvm Principis”.

Ritratto del condottiero Gjergj Kastrioti Skënderbeu (Scanderbeg) creato da Viper Unconventional Concept

Evliya Çelebi.

Raffigurazione di Evliya Çelebi.

Evliya Çelebi fu uno scrittore ottomano che visse sotto il regno di Murad IV (1623-1640), Ibrahim I (1640-1648) e Mehmed IV (1648-1687).

Nominato aiutante di Melek Ahmed Pascià (diventato poi Gran Visir), Çelebi viaggiò sia all'interno dell’Impero ottomano che in diversi paesi esteri.

Considerato uno degli scrittori emergenti della letteratura turca del XVII secolo, scrisse una dettagliata relazione di dieci volumi, intitolata “Seyahatname” (Il libro dei viaggi), opera considerata in quel tempo come letteratura d’intrattenimento.

Opera “Seyahatname” (Il libro dei viaggi)..

Benché Çelebi lavorò a volte d’immaginazione. La rappresentazione di Istanbul risulta essere una buona fonte di conoscenza della capitale dell’Impero ottomano nel XVII secolo.

Degno di nota anche il suo racconto su un immaginario volo di “Lagâri Hasan Çelebi”, che sarebbe stato compiuto nel 1633 a bordo di un rudimentale razzo, partendo dal promontorio Sarayburnu, ai piedi del Palazzo Topkapı di Istanbul in occasione della nascita della figlia del sultano Murad IV. La sua immagine fu davvero fervida poiché il razzo sarebbe stato costituito da una gabbia metallica con sette alette e lanciato da 60 kg di polvere nera, cioè da sparo.

Questo racconto risultò particolarmente interessante al punto che il regista turco Mustafa Altıoklar vi si è ispirato per il film "Istanbul Beneath My Wings” (İstanbul Kanatlarımın Altında) datato 1996, drammatizzandone il volo.

Locandina del film "Istanbul Beneath My Wings”.

Il regista turco Mustafa Altıoklar.

Il racconto è stato ripreso nel 2009 anche della serie televisiva di divulgazione scientifica “MythBusters” nell’ episodio “Crash and Burn”, in cui il team americano ha tentato di costruire un razzo simile a quello usato da Çelebi, impiegando materiali moderni.

Locandina della serie televisiva di divulgazione scientifica “MythBusters”.

Tornado all’Anfiteatro, nel 2003 è stato avviato il “Progetto Durrës” in collaborazione con l’Università degli Studi di Parma per la realizzazione di un parco archeologico urbano su richiesta del Ministero della cultura albanese e con un cofinanziamento da parte del Ministero degli affari esteri italiano.

 

Link.

İstanbul Kanatlarımın Altında trailer:

https://www.youtube.com/watch?v=9EzpSLjltIw

 

MythBusters - Crash and Burn - Rocket Man:

https://www.youtube.com/watch?v=H9Mollmj2TM

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